MOZIONE CONTRO I TAGLI DEL GOVERNO CENTRALE NEI CONFRONTI DEGLI ENTI LOCALI (Mozione Di Mario)

Valutazione attuale: 0 / 5

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

MOZIONE CONTRO I TAGLI DEL GOVERNO CENTRALE NEI CONFRONTI DEGLI ENTI LOCALI

 

PREMESSO CHE:

negli ultimi anni i Governi centrali che si sono succeduti, nell’operare tagli per contenere la spesa pubblica, hanno di fatto strangolato l’economia degli enti locali;

in un momento di difficoltà come quello che ha vissuto il nostro Paese negli ultimi anni è giusto che ognuno faccia la sua parte, nessuno escluso; inoltre, tale operazione ha provocato – in un primo momento ed entro certi limiti – un virtuoso contenimento delle spese inutili ed un taglio degli sprechi purtroppo molto presenti nella spesa pubblica del nostro Paese;

tuttavia negli anni, e segnatamente con l’ultima legge di stabilità per il 2015 del Governo Renzi, si è giunti ad un livello di insostenibilità tale da pregiudicare seriamente le ormai già esigue spese dei bilanci comunali destinate al welfare con particolare riferimento al sostegno delle fasce sociali più deboli;

è chiaramente molto facile e demagogico vantarsi di ridurre la pressione fiscale tagliando i trasferimenti agli enti territoriali;

occorre considerare che il comune è percepito da larghe fasce della popolazione come l'ente più vicino ai cittadini e il sindaco rappresenta una figura di riferimento in quanto rappresentante dello Stato. Il Sindaco è, soprattutto, l'ultimo baluardo in difesa dei diritti dei più deboli;

i servizi sociali, infatti, da sempre assorbono la maggior parte delle risorse di cui dispongono in comuni: minori senza famiglia, anziani, disabili, emergenza casa. Sono tutte realtà alle quali i comuni cercano di dare una risposta;

l’ammontare dei tagli significa una riduzione dei servizi che si ripercuote inevitabilmente sui più deboli;

in una prima fase, infatti, gli amministratori hanno tagliato ciò che era importante, ma non

fondamentale per la tenuta sociale: cultura, commercio, sport, viabilità, turismo e così via (si fa un gran parlare di cultura e turismo, ma quasi nulle sono ormai le risorse che i comuni riescono a destinare ogni anno agli assessorati competenti);

negli ultimi 5 anni i comuni hanno visto ridursi le proprie risorse disponibili per la spesa corrente di oltre il 20 per cento: l’emergenza ora riguarda i servizi sociali ed educativi. Ormai i comuni non sono in grado neppure di garantire i servizi primari;

un ulteriore elemento di difficoltà per i Comuni è l'incertezza nella quale vengono costretti a lavorare, dal momento che ogni anno viene cambiata la fiscalità locale e le informazioni definitive sulle risorse di cui i Comuni potranno disporre arrivano sempre ad anno ampiamente iniziato. Ciò rende del tutto aleatorio, se non impossibile, strutturare una programmazione seria e pluriennale e chiudere il bilancio preventivo entro la data prevista dalla legge, ovvero il 31 dicembre;

i sindaci si sono ritrovati soli e ion alcune situazioni  hanno provato a protestare come potevano, per cercare di far capire ai cittadini cosa stava accadendo (a Modena e Provincia per la verità solo rimostranze di facciata subito rientrate), così come accaduto;

solo per fare tre piccoli esempi di chi ha protestato sul serio, il comune di Isola Rizza, 3300 abitanti in provincia di Verona, ha deciso di chiudere per tre giorni, in segno di protesta, le porte del municipio. Il Sindaco vuole fare capire come la misura sia ormai colma;

l’ANCI Sicilia ha organizzato una serie di dimostrazioni di protesta: il 29 gennaio scorso oltre 390 comuni hanno spento le luci dalle 19 alle 19.05, mentre lo scorso 9 febbraio oltre 200 consigli regionali della regione Siciliana hanno approvato – tutti nella medesima data – una risoluzione nella quale si chiedeva al Governo centrale di: costituire un Tavolo permanente di concertazione tra Stato, Regione Siciliana e Comuni dell’Isola per affrontare la grave crisi Finanziaria; modificare la norma che ha rivisto il regime di esenzioni dall’IMU terreni agricoli, con particolare riferimento all’imposta relativa al 2014; contenere i tagli a valere sul Fondo di Solidarietà nazionale; rendere più flessibili le regole relative al Patto di stabilità anche al fine di favorire, laddove possibile, le spese per investimenti; prevedere misure che, anche in relazione all’attuazione dell’armonizzazione contabile dei bilanci, possano far fronte al crescente fenomeno di Comuni che dichiarano il dissesto finanziario; rivedere la norma che ha previsto il de-finanziamento dei Fondi PAC;

nella legge di stabilità per l’anno 2015 dei 16,6 miliardi di euro di tagli di spesa, ben il 49 per cento ovvero 8,1 miliardi sono a carico di comuni, province e regioni: si tratta di una quota decisamente superiore al peso che le amministrazioni locali hanno sul totale della spesa pubblica (29%).

Volendo fare un confronto, i tagli alle amministrazioni locali è pari al quadruplo di quanto tagliato ai ministeri (2 miliardi nel 2015);

il contributo maggiore è quello richiesto alle regioni (4 miliardi), laddove 1,2 miliardi è il taglio del fondo di solidarietà comunale e 1 miliardo (che salirà a 2 miliardi nel 2016 e 3 miliardi dal 2017) è il contributo richiesto alle province e città metropolitane; nella valutazione occorre considerare anche i tagli decisi dal 2015 con il decreto-legge n. 66 del 2014;

gli enti locali in questa fase debbono anche far fronte all’avvio del fondo per i crediti di dubbia esigibilità, previsto dall’armonizzazione contabile, che equivale ad un taglio di spesa 1,9 miliardi annui a partire dal 2015 e rientra nel calcolo del saldo obiettivo ai fini del patto di stabilità;

secondo quanto si legge a pagina VII della relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria

degli enti territoriali per l’Esercizio 2013, depositata lo scorso 29 dicembre 2014, tali tagli «riducendo gravemente le possibilità di intervento e di gestione degli Enti territoriali, hanno inciso profondamente sul grado di autonomia finanziaria e funzionale ad essi garantiti dal Titolo V della Costituzione, rendendo necessaria l’adozione di strumenti idonei affinché i futuri interventi di contenimento della spesa assicurino mezzi di copertura finanziaria in grado di salvaguardare il corretto adempimento dei livelli essenziali delle prestazioni nonché delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali (...)

E ancora, alle pagine 14 e 15 di detta Relazione silegge: «Dal quadro delle misure complessivamente adottate, deve dunque ritenersi che il patto di stabilità interno abbia costituito, in questi anni, lo strumento principe non solo per realizzare le finalità di finanziamento del debito pubblico e di consolidamento dei conti pubblici, ma anche per attuare un percorso di progressivo ridimensionamento delle funzioni di spesa delle Autonomie territoriali e di quelle regionali in particolare. Attraverso l’imposizione di tetti di spesa e vincoli ai saldi di bilancio, il patto di stabilità interno ha realizzato, a valere sulle finanze degli enti territoriali, economie per complessivi 33,4 miliardi di euro, parte delle quali si sono tradotte in corrispondenti tagli ai trasferimenti statali, con relative economie di spesa e benefico impatto sul saldo netto da finanziare del bilancio dello stato.

L’entità di tali misure di contenimento della finanza territoriale è rapportabile al complessivo effetto

di contenimento della spesa realizzato dal 2009 a carico delle Amministrazioni centrali e degli Enti

previdenziali messi insieme (pari a circa 35 miliardi di euro). Tuttavia, poiché la spesa primaria annua degli enti territoriali (esclusa la componente sanitaria) corrispondeva, nel 2009, a circa 112 miliardi di euro, a fronte di una omologa spesa primaria di Amministrazioni centrali ed Enti previdenziali pari a circa 506 miliardi di euro, appare evidente la misura del sovradimensionamento del contributo della finanza territoriale al riequilibrio dei conti pubblici.

In altri termini, lo sforzo di risanamento richiesto alle Amministrazioni territoriali con i vincoli disposti dal patto di stabilità interno risulta non proporzionato all’entità delle risorse gestibili dalle stesse, il che ha prodotto un

drastico ridimensionamento delle funzioni di spesa di queste ultime a vantaggio degli altri comparti

amministrativi che compongono il conto economico consolidato delle Amministrazioni pubbliche»;

ciò è confermato anche dallo studio IFEL–FondazioneANCI dal titolo “La finanza comunale in sintesi” dell’ottobre 2014. Nell’introduzione a tale documento (pagine 5 e 6) si legge che «anche per effetto della persistente crisi finanziaria che attraversa il Paese ormai da qualche anno, i Comuni vivono una stagione di profondo malessere. Le difficoltà assumono certamente una dimensione finanziaria, con risorse sempre più scarse disponibili in bilancio, ma sono dovute anche ad un quadro normativo incerto, confuso e in definitiva restio nel valorizzare compiutamente l’autonomia degli Enti locali. Ne deriva una condizione di crescente difficoltà, sia sul piano programmatico che in fase gestionale, resa ancora più delicata dal ruolo di “gabelliere dello Stato” affidato negli ultimi anni dal Governo centrale ai Comuni, di fatto obbligati ad aumentare in misura significativa le imposte locali senza però essere nelle condizioni di poter offrire maggiori servizi ed investimenti alle comunità di riferimento. Esclusi alcuni fattori intervenuti sul piano contabile e la componente inflazionistica, infatti, negli ultimi anni il trend della spesa corrente comunale evidenzia una crescita pressoché nulla, accompagnata da una drastica contrazione degli investimenti, soprattutto a causa

dei vincoli sempre più stringenti imposti dal Patto di Stabilità Interno»;

tale situazione si rivela ogni giorno sempre più in sostenibile per la tenuta del patto sociale che tiene insieme i cittadini italiani;

 

SINDACO,  GIUNTA E IL CONSIGLIO COMUNALE  TUTTO, CHIEDONO AL GOVERNO

di ripristinare integralmente i trasferimenti tagliati con la legge di stabilità per l’anno 2015;

a non applicare ulteriori tagli, negli anni futuri, fino a quando lo sforzo richiesto in termini percentuali agli enti locali non sia stato sostenuto in modo equo anche dagli altri organi dello Stato;

a garantire agli enti locali i tempi necessari per una programmazione seria, fornendo leggi certe sull’ammontare delle risorse di cui potranno disporre nell’anno seguente entro la fine del mese di ottobre, in modo da permettere di approvare i bilanci previsionali entro il 31/12 di ogni anno.

a non variare i trasferimenti a loro disposizione, così come le norme sulla fiscalità locale, sull’esercizio in corso.


SI IMPEGNA INFINE l’amministrazione Comunale a trasmettere il presente atto agli Organi del Governo Nazionale

Please publish modules in offcanvas position.